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Il palazzo appartenuto alla famiglia Spadaro, di origine modicana trasferitasi a Scicli nel XVII secolo, fu costruito a più riprese durante il 1700.
Questo sviluppa il suo prospetto tardobarocco in lunghezza, assecondando l'andamento curvilineo che la strada assume in questo tratto e mantenendo perpendicolare al portone la scalinata interna.
La facciata presenta otto balconi con inferriate convesse in ferro battuto con particolari modanature rococò a motivi geometrici e floreali. Questa particolarità delle inferriate è dovuta ad un'esigenza di ergonomicità per facilitare le dame ad affacciarsi dai balconi visti gli abiti sontuosi dell'epoca.
La parte sottostante presenta otto aperture tra i due portali intagliati con eleganti modanature. Il portone principale, antistante la chiesa di San Michele Arcangelo presenta una decorazione ricca dove si può vedere il simbolo della famiglia Spadaro, ovvero un leone rampante. Tutta la facciata è impaginata in un telaio di lesene ad ordine gigante.
Il prospetto posteriore di via Spadaro (che prende il nome dal palazzo) si presenta più povero, forse usato come ingresso della servitù viste anche le decorazioni. I due balconi, sempre con inferriate convesse anche se di minore ampiezza, sono decorati con mascheroni che rappresentano un vecchio che stringe tra le gambe un quadrupede e un giovane dalla chioma fluente che porta alla bocca un frutto e due galli che sono posti ai lati. Vi è inoltre un terrazzino che collega l'edificio principale con un altro, sul lato opposto della via, formando un ponticello frequentato un tempo dagli innamorati (e proprio il barone Spadaro era solito sbirciarli dai balconi soprastanti).
L'ingresso principale presenta un'elegante scala a due rampe detta "a tenaglia" opera del capomastro Giorgio Vindigni di Modica, satura di decorazioni policrome sulle pareti e sul soffitto.
Le sopraporte del pianerottolo e i lati delle porte d'ingresso sono collocate quattro tele che raffigurano piatti dorati con teste di profilo tra fasce spiraliformi, festoni, ghirlande e puttini.
Sulla rampa destra è collocato un dipinto su tela realizzato tra il 1926 e il 1930 da Raffaele Scalia (pittore nativo di Avola che si ispira alla pittura della seconda metà dell'800), raffigurante una donna e tre bambini con la mano tesa per chiedere l'elemosina. Sempre dallo Scalia è la tela collocata dall'altro lato della scala raffigurante una madre con due ragazze nel pieno della tranquillità familiare.
La collocazione delle due tele non è casuale. La prima intitolata "Povertà" è stata collocata a lato dell'ingresso utilizzato dalla servitù, la seconda a cui è stato dato il titolo "Ricchezza" si trova a lato dell'ingresso usato dalla famiglia Spadaro.
La distribuzione spaziale delle sale al primo piano presenta otto ambienti comunicanti "ad infilata", che si affacciano sulla via Francesco Mormina Penna mentre nell'ala Nord vi sono dei vani di disimpegno, usati probabilmente come sala del fumo e sala del the. L'ultimo ambiente dell'ala Nord è stato riconosciuto come il luogo dove era collocata la piccola cappella della famiglia di cui non resta alcuna traccia se non due crocifissi del 1400 (in legno e in cartapesta) recentemente restaurati. Viene ricordato che l'altare presente nella cappella riproduceva in scala ridotta l'altare maggiore in marmo intarsiato della chiesa di san Matteo.
Tutte le stanze erano pavimentate con maioliche di Caltagirone che richiamavano i colori delle pareti e dei soffitti. La carta da parati che attualmente riveste i muri e i tendaggi riecheggiano i tessuti nel periodo di splendore del palazzo. Della mobilia rimane esclusivamente un credenzone in legno a vetro arricchito da colonne tortili con cornice intarsiata, nonostante fino a poco tempo fa si trovassero, quando ancora il palazzo era di proprietà Spadaro, una collezione di vasi greci e siculi, un medagliere greco-romano e una pinacoteca, nonché parte della mobilia originale. In situ sono una tela sulla volta del salone centrale, adibito in origine a salone da ballo, col tema di Apollo e le Muse (XIX sec), di autore ignoto, e una tela appesa alla parete di fondo che raffigura una scena con Venere e Marte, opera anch'essa dello Scalia, originariamente collocata sul soffitto della scalinata principale. Spicca per la policromia degli stucchi e degli apparati decorativi, la volta a guscio scandita da cornici che inquadrano la tela centrale. Il punto d'incontro tra le pareti e la volta è determinato da una cornice perimetrale verde smeraldo affastellata da stucchi fogliacei che assumono sembianze zoomorfi nella tonalità oro zecchino. Ai quattro angoli della volta, entro cornici a mandorla, prendono vita ritratti di statue mitologiche. Ai lati del soffitto sono evidenti medaglioni ovali con temi allegorici e mitologici. L'imponente lampadario della sala da ballo è in cristallo di rocca abbellito con gocce pendenti.
Di recente sulla volta sud è stato collocato un arazzo raffigurante l'antico stemma araldico della Contea di Modica (al centro) consistente in un'aquila con le ali spiegate che tiene tra le zampe un nastro con i titoli della sergenzia di Scicli. Ai lati sono presenti due stemmi analoghi della città di Scicli con il leone rampante sui tre colli.
L'unico ambiente che si conserva nella fattura originaria è la camera da letto. Si tratta di un piccolo vano quadrato dove è ricavata un'alcova per ospitare l'antico letto a baldacchino. Rimane intatta la pavimentazione in ceramica di Caltagirone nelle tonalità del verde, azzurro, rosa e giallo, e le tele collocate sui sopraporta che raffigurano le virtù familiari. Sul lato sinistro dell'alcova è presente una porticina che permetteva una fuga veloce a chi volesse uscire dal palazzo senza essere visto.
Considerato che prossimamente il palazzo verrà adibito come sede della pinacoteca comunale fin da adesso si possono ammirare alcuni dipinti realizzati dagli artisti del "Gruppo di Scicli".
L'involuta balaustra in ferro battuto rende immediatamente riconoscibile lo stile di questo balcone di un palazzo di Scicli (palaz. Beneventano): il Barocco.
Bizzarro, appariscente e drammatico, con i suoi giochi di luce e l'abbondanza delle decorazioni, il Barocco siciliano esalta al massimo del suo potenziale l'architettura isolana con un'immagine inconfondibile destinata a durare nel tempo e a lasciare un'impronta indelebile.
Sviluppato specialmente sulle rovine del terremoto che sconvolse la Sicilia nel 1693, diventò uno stile unico, soffisticato e fortemente personalizzato rispetto a quello dell'Italia continetale.
L'incantevole Palazzo Beneventano è uno dei monumenti barocchi del 700 piu' significativi e piu' originali della provincia (storico d'arte Blunt).
L'angolo sormontato da un cornicione, che funge da cerniera dei due prospetti, stilisticamente identici delimitando in altezza il palazzo, è forse la parte piu' interessante di tutto l'edificio. Esso è caratterizzato dalle artistiche decorazioni delle lesene bugnate, arricchite da due teste di moro in alto e da S. Giuseppe in basso.
Scenografici i balconi dalle particolari inferriate panciute sostenuti da mensoloni che rafficurano animali fantastici. Le finestre del piano inferiore presentano invece nell'arco di volta "mascheroni" e "caricature umane".
Palazzo Fava presenta un prospetto tardo-settecentesco caratterizzato e impreziosito dalla ricca decorazione del portale centrale. Un elemento singolare di singolare importanza e bellezza è dato dalle mensole poste a sostegno del balcone che si affaccia sulla Via San Bartolomeo: esse presentano due grifi e due cavalli alati con code pisciformi, sostenute da teste barbute e databili intorno al 1730.
Il primo edificio che si incontra percorrendo la via Francesco Mormina Penna è il Palazzo Comunale, realizzato tra il 1902 e il 1906 nel luogo dove anticamente si trovava il Monastero delle Benedettine, annesso alla Chiesa di San Giovanni Evangelista.
Nonostante il contrasto dei volumi tra la struttura municipale che si estende seguendo un'immaginaria linea verticale e l'attigua Chiesa di San Giovanni Evangelista l'intero complesso non appare dissonante. Un telaio di lesene e semicolonne su alti piedistalli incornicia il prospetto dell'edificio ulteriormente scandito da bugne lisce spezzate dalle finestre a bifora del primo piano. Questo è l'unico monumento civile all'interno di uno spazio religioso e aristocratico.
Negli ultimi anni il palazzo ha acquistato una considerevole notorietà essendo divenuto set cinematografico della fiction "Il commissario Montalbano", personaggio nato dalla penna dello scrittore siciliano Andrea Camilleri.
Questo edificio, realizzato nella seconda metà del '700, apre la serie dei palazzi patrizi che si affacciano lungo la via Francesco Mormina Penna. Un ruolo preponderante è svolto dal portone centrale e dal sovrastante balcone. Capitelli compositi, mensole con motivi floreali, maschere come grondaie, inferriate concavo - convesse in ferro battuto vivacizzano e ammorbidiscono il rigido schema geometrico.
Fu costruito nell'ultimo decennio del 1800. Il prospetto a due ordini è molto sobrio con modanature manualistiche. L'interno invece è ricco di stucchi, di pregiati mobili prodotti a metà del 1900 e di dipinti realizzati da Raffaele Scalia.
Il disegno della facciata è neoclassico, va pertanto collocato negli ultimi decenni del XIX secolo. Particolarmente caratterizzato è il portale d'ingresso, con due colonne libere tuscaniche e un fregio con metope e triglifi, mentre i timpani e le mensole dei balconi laterali hanno un esemplificato disegno geometrico.
E' il risultato dell'unione di due edifici del XIX secolo; l'interno è stato ristrutturato in maniera unitaria nei primi decenni del 1900, mentre all'esterno sono leggibili i due palazzi nella loro diversità stilistica.